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veduta vallata San ValentinoSAN VALENTINO IN ABRUZZO CITERIORE (PE) solo San Valentino fino al R.D. n. 1140 del 22.1.1863 = dial. Sandë Valëndinë, San Malindinë, San Maldìnë – etnico it. Sanvalentinése, èsi=dial. Sandëvalën-dënésë, -ìsë e anche sammal(in)dinésë, -ìsë.

Centro collinare a 457 m s.l.m., tra i fiumi Orta e Lavino, situato sulla sponda meridionale del fiume Pescara, con una popolazione che supera i 1900 abitanti e un’ estensione territoriale di 16, 35 Kmq, che confina con i territori comunali di Abbateggio, Scafa, Caramanico Terme e Bolognano.

Un blasone popolare definisce gli abitanti di li sciuruvàrë di San Valdinë(= “i venditori di sorbo di San Valentino”) con riferimento alle rigogliose piante di sorbo che crescono nel suo territorio, i cui frutti le donne del paese portavano in canestri ed erano solite vendere al mercato.

Il suolo è costituito da formazioni plioceniche e mioceniche tipiche dell’area magellese con argille e marne più o meno argillose, intercalate da elementi calcarei poligenici, con un terreno in parte stabile e in parte meno stabile, dove prevale la natura argillosa che si rileva in ripidi pendii, e alquanto fertile dal punto di vista agricolo(vite, olio, frutteto) e vegetazionale con pascoli e boschi, frequentati dal riccio, dalla lepre e dal cinghiale; vi alligna il gelso, che ha favorito in passato un florido allevamento del baco da seta. Parte del territorio è compreso nella “Riserva naturale della  Valle dell’Orta” (1989) dal caratteristico ambiente fluviale e la toponomastica locale riflette le principali peculiarità del territorio nelle sue componenti morfologiche , rocciose e minerali (Fossano, Oro < lat.o r u m “margine”, Ara della Liscia, Gesseto, Riparo), idriche con i nomi di diverse fonti (Bellamino, Ióvere, Cisterna, paduli, Rogovento; F. Orta), fitonimiche (Basilico, Cerone, Le Cannafischie, Le Macchie) e anche di qualche condizione atmosferica come Fosso Rogovento (< gr. Rhôga “cepraccio” e lat. Ventus “vento”) per designare un luogo particolarmente ventilato.
L’area risulta frequentata fin dalla preistoria. Infatti sono emersi manufatti paleolitici dell’ Acheuleano nella contrada Piano Oro, frammenti ceramici dell’ Eneolitico nell’Ara della Liscia e pitture rupestri sono state segnalate nelle grotte Callarelli, Riparo e Grotta Buco Maledetto o Grotta del Gatto, dove sono resti di abitato protostorico. L’ età italica è attestata da una necropoli protostorica in contrada S.Angelo, usata anche in età romana (come dimostra l’ epigrafe  CIL IX 3065 di L. Spedius Rhodinus), e dal tracciato antico della strada rurale, emersa nelle contrade Cannfischie –S.Giovanni e nota come la “Via di Chieti”. L’ età romana è documentata non solo dai vicini toponimi prediali Scagnano, Solcano, Trovigliano, e dal tracciato viario della località Ara della Liscia connesso col ponte romano sull’ Orta del territorio Bolognano, bensì dai resti di un insediamento rustico romano lungo la strada per la frazione Cerrone; dai resti di abitato a Trovigliano (dove è emersa l’ epigrafe funeraria CIL IX 3056 di Varia Firma), a Scagnano e a Solcano (dove la vicina F.te Almone restituì  l’ importante iscrizione Pagi / Ceiani); dai resti di villa romana nella località di Villamnena o Bellamino e Tre Croci ( con celle olearie, dolii, un cippo funerario di L. Vibio Primogene) e di Valchete; dalle tre epigrafi CIL IX 3044, 3061, l’ esistenza di insediamenti altomedioevali, i quali sono soretti da rinvenimenti d’età tardo antica o longobarda di sepolture a Trovigliano (braccialetti bronzei e monili in oro) e a S. Angelo, e di abitato presso la Chiesa di San Giovanni in Scainano, dipendenza cassinese dal IX sec. e nella curtis de Solcano, dipendenza casuruense nel 968. Tra le perstenza altomedioevali andrà considerato un castello qui dicitur Petrace (a. 1074), che si spiega col nome personale bizantino Petràkes e ci testimonia la presenza dei Bizantini sul posto intorno al VI-VII sec. d. Cr. .Tuttavia il nome di questa località. Che è distinta dal poggio dove sorse S. Valentino ed è nominata in documenti dell’ XI sec. (per paraetimologia anche castrum Petrae o castellum de Petra) è stato ritenuto dalla storiografia locale il nome antecedente. A rigore il nome Sanctum Valentinum appare per cronaca casauriense, redatta dal monaco Giovanni di Berardo che scrive nel 1182. Il cronista naturalmente riferisce fatti, nomi e circostanze di epoche in cui S. Valentino non esisteva. Narra, perciò di avvenimenti relativi all’ a.100 e spiega che il nome deriva dal ritrovamento dei resti dei due fratelli Valentino e Damiano, martirizzati u’in una Ciuitatula, poi distrutta, sita in uocabulo de Zappino. Queste reliquie non sarebbero state trasportate in una chiesa edificata in loro onore, ma nella località dello stesso nome: ideo castelli nomen est sanctus Valentinus . Nel XII sec. San Valentino è feudo dei Normanni Conti di Manoppello, prima Drogone  e poi Riccardo di Trogisio e dal 1140 Boemondo di Tarsia; soltanto verso la fine del secolo tornò nel possesso della Badìa Casauriense. Nel XIV sec. vi troviamo gli Acquaviva di Atri, dei quali Corrado ottenne da Roberto d’ Angiò il titolo di Conte di S. Valentino e parteggiava nel 1381 per la regina Giovanna contro Cralo di Durazzo e Gentile fu uno dei migliori capitani del re Ladislao. Sul finire del XIV sec. troviamo gli Orsini Conti di Manoppello e nel ‘400, dopo l’ assedio di Braccio da Montone, San Valentino risulta infeudata nel 1479 ai Fieschi di Genova. Nel 1487 Ferdinando I D’ Aragona concede il feudo di S. Valentino a Organtino Orsini, il cui figlio Francesco vendette il castello nel 1507 a Giacomo de Phrigijs de Tolfa, che come ricorda una lapide posta nell’atrio restaurò il castello. Nel 1583 i de Tolfa vendettero la contea alla duchessa Margherita di Parma moglie di Ottaviano Farnese, per cui entrò a far parte dello stato farne siano fino all’ eversione della feudalità.

Nel nome del vicolo di S. Valentino la ruèllë dë Pesciuvalë si conserva la memoria del brigante amico di Colafella di S. Eufemia e di Colamarino di Roccamorice, che partecipò alle insorgenze filo borboniche del 1860 fu catturato e condannato alla fucilazione, eseguita lungo il tratturo di Chieti sotto gli occhi del compaesano Giuseppe Mastrodicasa della frazione Candelora.

L’ attuale stemma del comune di San Valentino in Abruzzo Citeriore (fig. 2) ripete l’ argomento del castello di un precedente sigillo sette-ottocentesco dell’ universitas (fig. 3), seguito da un altro che raffigura il santo con mitra e pastorale (fig. 4).
stemma_2 stemma_3 stemma_4
Il profilo urbanistico del comune mostra il nucleo primitivo nel vertice sud-occidentale del colle, verso il quale converge con morfologia fusiforme l’ espansione edilizia sette-ottocentesca dell’ abitato la cui viabilità si sviluppa in direzione est-ovest e presenta scenografiche gradinate di gusto settecentesco in prossimità dei principali edifici religiosi dei SS. Valentino e Damiano, di San Donato e San Antonio. Nel perimetro del nucleo primitivo del borgo fortificato, oltre il castello, ci sono la cattedrale, la chiesetta di S. Antonio (XVI sec.) e il palazzo Troiani; all’ esterno ad est il grande palazzo Baiocco con doppio cortile, a nord la chiesa di San Donato e il convento di San Nicola con la chiesetta impiantata su uno sperone roccioso e più in basso il piccolo convento. Fuori le mura le due singolari chiesette di Madonna della Croce, a nord, e di S. Rocco a nord-ovest. Il duomo, chiesa parrocchiale intitolata ai ss. Valentino e Damiano, è l’elemento architettonico settecentesco più appariscente, che si vuole ristrutturato dal Vanvitelli ma mancano riscontri documentari. La facciata in pietra lavorata da scalpellini locali opera di A. Liberi (1920-31) è un esempio di commissione stilistica ancorata alla tradizione architettonica religiosa. All’interno si conservano tele e statue e si possono ammirare decorazioni barocche; all’esterno la fontana del "Sansone" [1] che è di rilievo artistico come quella della “Venere Giulia Farnese[2].
Un magnifico altare barocco si trova nella chiesa a croce greca del convento S. Nicola. La chiesa di San Donato è dotata di un organo di scuola veneziana.

A San Valentino resistono alcune attività artigianali:restano alcuni scalpellini per la lavorazione della pietra, qualche addetto alla lavorazione dei metalli (fermo, rame) anche nobili con qualche orafo, e per la lavorazione del legno qualche falegname capace di progettare e realizzare mobili su misura e suppellettili.

La laboriosa , vivace e spiritosa scienza e coscienza della memoria storica, si rileva nella rigorosa conservazione di festività calendari ali religiose e di particolari usanze locali connesse, alle quali la cittadinanza partecipa attivamente, richiamando visitatori e turisti non soltanto dai comuni limitrofi. Per la festa di S. Antonio Abate (17 gennaio) un attivo comitato della festa gira per le case molti giorni prima, distribuendo pane bianco per le persone e pane nero, con fave secche ammollate in acqua per gli animali e raccogliendo dono, destinati ad essere venduti all’ asta (lu sbannimèndë) che si teine attorno alla fontana del Sansone, onde ricavare fondi per la festa. Coloro che abitano fuori del centro urbano fanno offerte in denaro il giorno della festa tramite bambini, i quali ritirano in compenso il pane avvolto in un fazzoletto annodato ai quattro angoli. Dopo la processione c’ è la benedizione degli animali. Il 14 febbraio si espongono le reliquie del patrono S. Valentino. A Pasqua oltre il rito del “bacio della Croce”, della solenne processione del Venerdì Santo- preannunciata da battole e raganelle – col concorso delle statue dell’ Addolorata, della Maddalena e di S. Giovanni, del canto funebre del “Miserere”, c’ è la comparsa dei Ciacarotti (dal dial. Ciaciaròttë “spauracchio”),ciaciarotti uomini incappucciati del Sacro Monte dei Morti col saio nero e i piedi nudi, che portano sulle spalle e avvolte alla vita funi di vario spessore. Costoro, dopo avere salutato i santi con un inchino, sono addetti all’ organizzazione della processione, al trasporto dei simboli e della lettiga col Cristo Morto e della statua di S. Giovanni (mentre ragazze  e donne vestite a lutto sono adibite alle statue della Maddalena e dell’ Addolorata) e lungo il tragitto sono tra loro legati da una lunga fune, che fanno dondolare ritmicamente. Il tratto estremo della fune termina con grossi nodi e viene agitato si dice per fustigare in passato i peccatori ma più semplicemente per mimare l’ apertura del passaggio tra la ressa di una folla immaginaria che impedisce il passaggio. Si tratta, dunque, di una “scorta penitente”, che rievoca e assomma i ruoli di sorveglianza della folla dei soldati romani e la partecipazione addolorata dei cristiani all’ antico corteo della crocifissione del Cristo, sviluppatosi lungo la “Via dolorosa” di Gerusalemme verso il Calvario. Il 7 agosto, le offerte per la festa di San Donato si raccolgono distribuendo ai bambini le “chiavette” del santo in piombo fuso, ornate con un filo di lana colorata, come talismano di protezione; dal 9 all’ 11 settembre si festeggiano il patrono dei terremoti S. Emidio, e S. Nicola da Tolentino con la vendita delle “pagnottine” con l’ immagine del santo. Infine è molto sentita la festività di San Martino del 10 e 11 novembre non solo per la “fiera” e per la processione religiosa, ma soprattutto per il goliardico corteo della “festa del cornuto”,sfilata dei cornuti che si tiene da tempo immemorabile per alcuni antefatti  “storici”, che spiegherebbero il particolare popolaresco “protettorato” del santo. Secondo alcuni si perpetuerebbe la memoria del tradimento della sorella di S. Martino, che riuscì ad eludere la sorveglianza del geloso fratello appartandosi dietro un cespuglio per impellenti bisogni corporali. Qui dovette…amoreggiare col fidanzato… se dopo nove mesi…..Martino ebbe un nipote. Secondo altri per ricordare le mogli insidiate dai signorotti o dai soldati borbonici mentre i mariti erano impegnati nel lavoro dei campi. E così nel paese del santo protettore….degli innamorati, la sera del 10, si snoda un rumoroso corteo, guidato dall’ ultimo sposato dell’ anno precedente  che porta in giro una bandiera e il simulacro di un fallo che vengono consegnato all’ ultimo sposato dell’ anno in corso, e tra grasse allusioni e ammiccamenti furbeschi porta serenate licenziose e la “benedizione” a famiglie incorse in presunte infedeltà coniugali, mentre il vino novello scorre a fiumi. Si può immaginare come, soprattutto in passato, un simile argomento sollevasse liti furibonde e faide paesane.

Tutto ciò favorisce la conservazione di usanze come quella propiziatoria e purificatrice del “ballo della pupa” nel mondo agricolo. A Carnevale si distribuiscono zagarèlle e cicirchiata, il capretto cacio e uovo; a settembre le pagnottine di S. Martino (vitello, maiale, agnello, peperoni, dolci e piccanti), ecc.

Mappa del territorioMappa del territorio di San Valentino da un manoscritto del XVI° secolo.

pianta storica


Pianta del 1783 di San Valentino e regione contermine.

Archivio di Stato di Chieti.





[1] Fontana Sansone in Piazza Duomo

La facciata della cattedrale vanvitelliana di San Valentino fa da sfondo alla stupenda fontana del “Sansone”. Essa si compone di quattro vasche sostenute da leoni minacciosi (fascia inferiore), di una colonna di straordinaria possente Sansone, nel ritratto nel gesto di divincolarsi dai legacci, come confermano i nodi stretti ai polsi. plasticità in cui la severità del metallo lascia spazio a un elaboratissimo repertorio ispirato al mondo vegetale (fascia centrale) e di una statua alla sommità raffigurante il possente Sansone, nel ritratto nel gesto di divincolarsi dai legacci, come confermano i nodi stretti ai polsi. Sul semplice drappo legato in vita, a coprirgli parzialmente la parte inferiore del corpo, la statua presenta l’ iscrizione della fonderia produttrice: Walter MacFarlane & C. Glasgow. Il manufatto reca, dunque, la firma della rinomata fonderia scozzese, salita alla ribalta nel corso dell’Ottocento e divenuta nel tempo la più prolifica compagnia al mondo per lavori di architettura in fusione di ghisa. Il suo distintivo marchio commerciale è riconoscibile ancora oggi su fontane, serre, panchine, lampioni, chioschi musicali sparsi per il pianeta, in particolare in America latina (soprattutto) in Brasile), India e Australia. Alcune tavole contenute in un catalogo novecentesco della MacFarlane, conservato presso l’archivio della Fondazione Neri, dimostrano come anche la fontana di San Valentino rientrasse nella cosiddetta tipologia delle driking fountains, fontane pubbliche, diffuse soprattutto in Gran Bretagna, dotate di bicchieri fissati al manufatto con catenelle metalliche per dissetare i passanti.
Una fontana identica è stata documentata nella località scozzese di Hoddington East Lothian e un’altra, molto simile, a Fleetwood nel Lancashire.


[2] Fontana Venere Giulia Farnese in Largo San Nicola

Un ampio bacino circolare in pietra funge da supporto per questa fontana monumentale impreziosita da eleganti sculture: fra tutte la statua femminile posta sulla sommità detta Venere di Giulia Farnese, figura appartenente alla nota casata romana che governò il paese di San Valentino nel corso XVII secolo.
Le restanti sculture consistono in tre statue di amorini inginocchiati, collocati nella fascia centrale, e nei mascheroni leonini dalle cui bocche fuoriesce l’acqua a getto continuo. La fontana, molto probabilmente di origine scozzese, presenta una datazione attribuibile tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo successivo. Modelli molto simili sono stati documentati anche nei paesi, sempre abruzzesi, di Pescocostanzo, Fresagrandinaria e Bussi sul Tirino.